domenica 24 giugno 2012

14 novembre.


Ci vedo dall’alto.

Belle come solo noi due sappiamo essere. Io nella mia eleganza disinvolta e di una semplice e sorridente bellezza. Lei, un colore in mezzo al grigio.

Che andiamo con i nostri pensieri, rabbrividendo un po’ nel freddo di novembre. Un occhio all’orologio e la testa a pensare ai pazienti della giornata e agli impegni del pomeriggio. È il momento in cui pianifichiamo quel che avverrà oggi, decidiamo quanta voglia abbiamo di fare le cose e scegliamo quella che aspetteremo con più piacere. E’ un momento solo nostro. Che oggi non è accompagnato da nessuna colonna sonora, perché col nuovo passamontagna le cuffie non ci stanno.

Ci vedo dall’alto e ci invidio. Mi piacerebbe far parte di quella coppia.

E poi non vedo più niente.

Vedo la pellicola che si interrompe bruscamente e se ne attacca un altro pezzo, che si vede che è finto, frutto dell’immaginazione; e non lo vedo precisamente perché mi fa male allo stomaco e sento gli occhi lucidi, quindi lo intravedo quanto riesco a sopportarlo; e ci intravedo mentre veniamo separate, perdo di vista lei e concentro la mia attenzione su di me e…

E mi faccio tenerezza. Mi faccio tenerezza, così indifesa, di fronte a qualcosa di inaspettato, improvvisamente sola, che non capisco. Mi fa tenerezza vedere il mio viso colpire un paletto, colpire terra, colpire il motorino, colpire qualcosa che non capisco cosa sia, non ricordo. Mi fa tenerezza lo sguardo smarrito, interrogativo, lo sguardo senza difese. Che non vuole creare disturbo, che vorrebbe dire che va tutto bene, perché non concepisce che qualcosa possa non farlo. Perché ancora pensa che deve andare a lavorare, perché deve andare da quella signora, lei me l’ha detto che senza di me non avrebbe saputo cosa fare, non posso permettermi di non andare da lei.

Mi vedo dall’alto. Sdraiata per terra, gli occhi chiusi. Muovo le gambe e le braccia, io le muovo, ma loro mi sembra che rimangano ferme. Credo di essere ancora viva perché mi sento che sono lì a terra, però inizio a temere che le cose che ho studiato e che ho sentito possano succedere anche a me. E inizio a sentire quella sensazione di impotenza, quella sensazione del prima potevi e un attimo dopo non puoi più. Ho paura come non ne ho mai avuta.

Rumori e voci intorno a me che non distinguo e che non ho voglia di sentire. Me ne sto lì, buona buona. Sono stanca. Non riesco ad aprire gli occhi, pesano troppo. Penso a come sia possibile essere ora sedute sulla Gilda e dopo un secondo sdraiate in mezzo alla strada, senza un collegamento tra questi due momenti. Uno non può prendere e sdraiarsi in mezzo alla strada nel traffico mattutino di Milano. Spero che qualcuno si occuperà di me, perché io ora non ci riesco. Non riesco a occuparmi di me. Tengo gli occhi chiusi e spero che qualcuno mi prenderà in braccio e mi porterà a casa. Continuo a non capire, però mi sembra di dire qualcosa. Rispondo a delle domande forse. Mi sembra di guardare un film, seduta al cinema, ma allo stesso tempo ho l’impressione di recitarlo. O forse ho l’impressione che qualcuno sia entrato dentro di me e faccia e dica delle cose che però non sono io a comandare. Vorrei che non fosse successo. È una seccatura.

So che sono una terapista occupazionale, ma non mi interessa ora che tu sappia che cos’è. So che giorno è, ma non so se te lo dico giusto. So che ti ho già chiesto dove stiamo andando, solo che non ricordo cosa mi hai risposto.

Sono miracolata? Boh..non le capisco queste cose. Credo di aver avuto un brutto incidente e credo anche che mancavo così tanto a qualcuno che mi voleva lì con loro, ma poi ha capito che forse era un gesto egoista e ha cercato di riparare. Credo semplicemente di aver avuto un brutto incidente e di essere stata fortunata.

Certo che io e la Gilda torneremo di nuovo insieme, a meno che lei non sia arrabbiata con me. Staremo più attente? No, perché lo siamo sempre state, non posso dire che lo saremo di più. Magari mi fiderò meno degli altri e non penserò più che certe cose a noi non succedono.

Certo che non so come troverò il coraggio di salire di nuovo sulla Gilda, ma so che senza paura non c’è coraggio, e la paura c’è.





8 commenti:

  1. Grande Gilda indistruttibile! Proprio come la tua padrona che però non sa ancora di esserlo!

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    1. ... :) ...!

      Sì, anche io penso che la Gilda sia indistruttibile..! ;)

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  2. uh mamaaaaa...non me lo ricordavo...(com'era il racconto non l'incidente eh! :) uh mamaaaaaaaaaaa!!! la mia socia...la gilda...Gildamanosanta!!!

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    1. Allora anche questo è un po' un "racconto inedito" per te: evvai!

      Mi sa che per questo però sei giustificata, perchè te lo sei letto mentre io ero accasciata sul divano, ancora boccheggiante, con un occhio gonfio, un braccio fermo e una stampella vicina; e non dico che tu fossi scossa dall'accaduto, ma probabilmente le mie lamentele disturbavano la tua lettura.. ;)

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  3. cadere può capitare a tutti, ma tu sei riuscita a rialzarti e questo non tutti sono in grado di farlo!!!

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  4. Sono sicura che ci sia anche molto coraggio!

    me le vedo bene la Lele e la Gilda sfrecciare per le vie di milano.. le vedo eccome!
    Però, lelina, io lascerei solo voi due come coppia..: secondo me le cuffiette portano un pò il moccolo in certe situazioni......
    ;)

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    1. Infatti: basta cuffie!! Neanche per camminare..! La prudenza non è mai troppa..

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