giovedì 31 dicembre 2015

Buon anno a me!

La signora Brunilde a 87 anni l’altro giorno mi ha detto: “Sa signorina… Con l’anno nuovo voglio cambiare, sì.”

Un po’ di onestà mi fa riconoscere che è vero: questo Natale per le vie illuminate della mia città ho voltato lo sguardo quando si posava su una coppia innamorata.

Mi fa ammettere che mi scivolava una lacrima subito asciugata, ma comunque nata, quando scorgevo un bambino sorridere alla sua mamma.

Io non voglio sentirmi in colpa. Voglio solo essere onesta.

Ed è per questo che oggi, al termine del 2015, il buon anno io lo voglio augurare solo a me.

E allora mi auguro un anno in cui io asciughi ancora le tue lacrime fraterne, ma che siano lacrime di gioia quelle che verranno.

Un anno di anziani che mi ringrazieranno perché avrò fatto bene il mio lavoro.

Un anno nel quale sia scrittrice di un’altra nuova storia.

Mi auguro centinaia di birre il venerdì sera alle 7. Mi auguro di diventare capace di viaggiare. Mi auguro chilometri e chilometri percorsi su quel tandem con una mano che mi tiene in sella e non mi fa cadere mai. Mi auguro di giocare alla cucina per ore interminabili. Di sfidare il traffico dell’autostrada per un’amicizia che porta via tutto lo smog del mio mondo. Mi auguro di leggere libri bellissimi e di guardare film che mi lascino un segno. Mi auguro infinite conversazioni che mi portano via, che mi aprono porte immense di speranza, una sera davanti a una birra. O due birre. Mi auguro serate di twist and shout a ballare solamente. Mi auguro di trovare ogni volta che posso un famigliare pranzo della domenica. Mi auguro di poter scrivere sempre un messaggio quando sono un po’ triste, che so che non verrà mai lasciato senza amore. Mi auguro che del tempo per me sia sempre trovato da chi non ne ha, perché è tempo che fa la mia differenza, che mi rimette in piedi.

E se mi augurerò “solo questo” vorrà dire che ce l’avrò fatta.

E mentre penso queste cose un ragazzo mi ferma per chiedermi di scattargli una foto. Si mette in posa davanti al Duomo baciando la sua ragazza. Osservo la felicità e la fotografo anche. Pure due volte perché se ti vuoi far beffe di me, fallo bene.

Poi però vado via tenendomi il vostro i-phone.

A voi non serve.

Voi avete l’amore.

Buon anno a me quest’anno.


E alla signora Brunilde. Che riesca a non farsi mettere più i piedi in testa da suo figlio. Perché se ancora ha la forza di cambiare a 87 anni, se lo merita.


giovedì 3 dicembre 2015

Tutto sommato mi piace.

Va bene, mi sono riposata. L’ho detto e l’ho fatto. Ne avevo abbastanza. Mi hanno spinto e io sono caduta, non ce l’ho fatta a restare a bordo. 

Fa niente. 

Si può fare, non succede nulla. Si può tutto. O almeno, io posso tutto. Io posso mettermi delle regole. Io posso decidere di rispettarle o meno. Io posso tutto. E così sono scesa. Con un tonfo più che con un tuffo. Una panciata indimenticabile. 

Tornata a galla ho cominciato a nuotare e sono andata dove nessuno toccava e dove solo i più volenterosi potevano seguirmi.

Per un tempo sufficientemente troppo lungo.

E poi sono risalita. Perché io risalgo sempre. E’ più forte di me. Vorrei stare giù, vorrei continuare a nuotare, vorrei rimanere lontano da tutti quelli che non sono abbastanza coraggiosi da nuotare insieme a me, dove non si tocca. Ma poi tanto lo so che giù non ci resto. Poi tanto lo so che su quella barchetta ci voglio risalire.

Perché quella barchetta è la mia. E tutto sommato mi piace.

Mi ospita da ventinove anni ormai. Come può non piacermi? All’inizio non navigava troppo bene, anzi, quasi andava a fondo. Per fortuna è stata un po’ aiutata. Dopo qualche tempo ha imparato ad andare dritta e poi anche a girare. Per un periodo girava solo da una parte e così si muoveva solo in tondo, ma andava bene lo stesso, la fermavo al punto giusto e prendevamo la direzione che volevamo. Certo, poi abbiamo scoperto anche la comodità di girare dall’altra parte. Era più veloce in effetti. C’è da dire che non sempre ci interessa andare veloci. Perché tutto intorno a noi va veloce.

Adesso c’è il mare calmo e posso prendere il sole tranquillamente, insieme a chi è sulla mia barca con me. Subito dopo arriva un temporale e devo immediatamente cercare un riparo, preoccuparmi di salutare chi vuole scendere; piangere chi si è tuffato senza dirmi niente; proteggere chi è voluto rimanere con me. E poi il temporale, così come è arrivato, passa e torna il mare piatto. Ma c’è ancora tanto vento. Allora ho imparato a muovermi con le vele, sfruttando le correnti, aiutandomi con lui ad andare dove volevo io. E quando il vento si è fermato sono stata ferma un pochino anche io. Finché ho capito come si accendesse il motore e allora mi sono mossa. Ancora.

Ho tantissimi comandi nuovi da imparare e devo perfezionare quelli che già conosco.

Di sicuro devo rendere più accoglienti i luoghi dove corro a ripararmi durante le tempeste.

E’ importante che io diventi abile a governare la mia barca. E lo diventerò. Ci sono risalita apposta per questo.

Perché si muove tutto intorno a me. Ogni cosa cambia. Il vento, il mare, la temperatura.

Tutto si muove intorno a me e la gente che prende il sole al mio fianco non è la stessa che cerca riparo quando arriva la pioggia. Qualcuno torna, qualcuno non torna più; qualcuno non se n’è  mai andato, qualche altro non voglio proprio che ci salga sulla mia barca. E se ci prova lo butto giù, sia chiaro. Con tutta la fatica che ho fatto per renderla così.

Questa barchetta è la mia. Tutto sommato mi piace.

Perché quando tutto cambia intorno a me, lei rimane così.

A ricordarmi che una certezza c’è. Nel mio cambiamento.

Nel mio cambiamento, sono io la certezza.


giovedì 24 settembre 2015

Che Spettacolo!

“Nora, io non lo so se ce la faremo o no; posso augurarcelo con tutte le mie forze, ma non lo so; posso sperarlo, sappiamo quanto lo spero, ma avere la certezza di farcela è tutt’altra cosa. Detto questo, io penso che ce la stiamo mettendo tutta.”
                                                                        Tratto da “Che spettacolo!” di Mariaelena Dell’Oca


Ebbene sì, questo è un pezzettino del libro che ho scritto io.
E neanche io so se ce la farò, ma lo spero e me lo auguro.
Di sicuro ce la sto mettendo tutta.
Ed è per questo quindi che scrivo.

Per realizzare l’ultimo pezzettino del mio sogno ho bisogno anche del tuo aiuto.
Sto iniziando un crowfunding: se arriverò a 2000 euro in 6  mesi allora bookabook cercherà una Casa Editrice che pubblicherà il mio romanzo, se non la troverà me lo pubblicherà lui stesso.

Se hai piacere ad aiutarmi in questo mio progetto puoi fare due cose.

La prima è regalarmi un piccolo contributo. Lo puoi fare o con carta di credito o con Paypal, andando sul sito www.bookabook.it, cliccando “OGGI MI SENTO LETTORE”, cercando il mio libro, intitolato “Che spettacolo!” e seguendo i passaggi che ti verranno indicati.

Ancora più semplice, puoi dare direttamente i soldi a me, e io ti darò una ricevuta.

Per ogni contributo corrisponde una ricompensa:
5 euro: ebook del  mio libro.
10 euro: ebook + l’accesso alle bozze.
18 euro: ebook + libro cartaceo.
21 euro: ebook + libro cartaceo + accesso alle bozze.
35 euro: 2 copie in cartaceo + ebook + accesso alle bozze.
50 euro: 2 copie in cartaceo + ebook + accesso alle bozze + cena con l’autrice (che sarei io).
65 euro: 4 copie in cartaceo + ebook + accesso alle bozze.
80 euro: 4 copie in cartaceo + ebook + accesso alle bozze + cena con l’autrice (che sarei io).
90 euro: 6 copie in cartaceo + ebook + accesso alle bozze.
100 euro: 6 copie in cartaceo + ebook + accesso alle bozze + cena con l’autrice (che sarei io).

Non ti sentire limitato da queste ricompense, se vuoi contribuire con più di 100 euro, sentiti libero! ;)

La seconda cosa che puoi fare è spargere la voce! Manda questa mail ai tuoi contatti se vuoi, dillo al tuo migliore amico, al tuo vicino di casa, al tuo datore di lavoro! Raccontalo e poi, chi lo sa, noi ce la mettiamo tutta e poi scopriremo se ce la faremo. Di sicuro se mi aiuti scoprirai tu se Nora ce la farà. ;)

Grazie. Grazie mille.

“Nora gli saltò al collo, contenta e felice, continuando a ripetere <Ho sempre saputo che lei è una brava persona, non ho mai avuto dubbi, mi pareva strano infatti questo suo rifiuto! Grazie, grazie, non la deluderemo!>
Un po’ imbarazzato il sindaco sorrideva e finalmente trovò il coraggio di dire: <Nora, me la preparerebbe una di quelle sue buone torte? Ne avrei proprio bisogno in questo periodo…>
<Signor sindaco, farò una pazzia: gliene preparerò due!>"

Lele






venerdì 4 settembre 2015

Io credo.

Qualche mese fa ci siamo fermati e ci siamo fatti questa domanda: "In cosa crediamo noi?".

Fermarsi è già di per sè molto difficile oggi. 
Porsi questa domanda è già di per sè difficilissimo oggi. 
Rispondere a tratti è impossibile. 
Però ci siamo rimboccati le maniche e l'abbiamo fatto. 

Mi piace pensare che quando non so cosa fare, quando non so come comportarmi o che decisione prendere, io possa consultare l'elenco delle cose in cui credo e di conseguenza muovermi. 

Mi piace pensare di avere delle linee guida.

Mi piace pensare che leggendo questo elenco a qualcuno possa venir voglia di farne uno tutto suo.

Poi chi lo sa.

Credo che ognuno creda in quel che crede perché la sua storia l’ha portato a credere in quelle cose lì. E allora senza conoscere la storia non possiamo giudicare il credo di nessuno.

Credo che oggi credo queste cose. Credo che domani magari ne crederò altre, visto che ieri già erano diverse.

Credo in Dio. Senza se e senza ma.

Credo che la Chiesa siamo io e te. E anche quel Signore che sta aiutando quell’altro.

Credo che non tutte le storie siano per sempre, ma credo che se penso che ne valga la pena farò di tutto perché per sempre lo siano.

Credo nella mia famiglia, non per forza nella famiglia in generale, ma nella mia sì.

Credo che i ricordi ci uccidano. E credo che preferisco pensare al futuro anzi che al passato.

Credo che gli arrivisti arriveranno dove vogliono, ma che non avranno niente. Sapendolo. Credo che gli umili non arriveranno dove vogliono, ma avranno tutto. Senza saperlo.

Credo che sia meglio continuare a cadere con le mie gambe, ma cadere dove voglio cadere, piuttosto che rimanere sempre in piedi e andare dove mi portano gli altri.

Credo che l’orgoglio sia una cosa veramente stupida.

Credo che prima di far star bene gli altri devo stare bene io. E credo che questo sia l’altruismo.

Credo che le mie relazioni migliori siano quelle dove posso essere veramente io.

Credo che finchè non tirerò fuori il mio coraggio per superare le mie paure non andrò molto lontano. Ma credo anche che se non avessi paure certamente rimarrei ferma.

Credo di essere una persona meravigliosa. E credo di dimenticarmelo sempre.

Credo che la nostra felicità dipenda soltanto da noi stessi.

Credo che i gesti inaspettati mi possano tenere di buon umore per una settimana.

Credo che se vuoi davvero fare una cosa il tempo lo trovi. Se non trovi il tempo è perché non vuoi fare davvero quella cosa.

Credo che la volontà faccia molto. Ma non tutto.

Credo di più a chi piange sempre piuttosto che a chi ride sempre.

Credo che siamo soli, ma tutti insieme.

Credo che alla fine vinceranno i buoni.

Credo che in fondo tutti abbiano del buono.

E credo che ci sia del buono in questo mondo. E che possa e debba partire da me.




mercoledì 15 luglio 2015

Ancora io.

“Ancora tu?”

“Te l’avevo detto che non avrei mai smesso di prendermi cura di te.”

“Va bene. Cosa vuoi adesso? Cosa devo fare?”

“Mi piacerebbe più entusiasmo quando mi vedi, tanto per cominciare.”

“Sei saggio. I saggi sono scomodi.”

“Lecito.  Peccato però.
Ad ogni modo oggi ti chiedo di metterti in piedi.”


“Sei stato più veloce questa volta, non ti sei fatto pregare.”

“Sono cresciuto.”

“Sono fiero.”

“Ora?”

“Ora sbilanciati in avanti. Ancora … ancora un po’ …”

“Ma così cado …”

“Tu sbilanciati, poi vediamo.”


“Hai visto? Non sei caduto …”

“Bhe, ma perché ho messo un piede in avanti per tenermi in piedi.”

“Proprio così. Ti sei mosso. Perché sei fatto per muoverti. Per andare avanti e per andare indietro. Dove vuoi e quando vuoi. Sei fatto per sbilanciarti e per riprendere l’equilibrio; per osare e azzardare e poi ricomporti; sbilanciarti di nuovo e, di nuovo, stabilire il tuo nuovo centro. In continuazione, in questo movimento oscillatorio dove ti perdi e subito ti ritrovi.

      Non sei fatto per appoggiarti a qualcun altro e stare fermo. Come non sei fatto per stare fermo e tenere il peso di qualcun altro. Se il buon Dio avesse voluto che stessimo fermi non ci avrebbe montato delle articolazioni. Se avesse voluto che ci appoggiassimo come dei pesi agli altri, non ci avrebbe donato l’equilibrio che ci permette di stare in piedi con le nostre gambe.”

“Quindi devo farcela da solo e non devo aiutare gli altri?”

“Oppure puoi allontanarti dagli altri quando questi ti danno fastidio. O ancora puoi avvicinarti agli altri per fare due chiacchiere e chiedere loro consigli quando ne avrai bisogno. E soprattutto puoi camminare verso gli altri, con le braccia larghe, pronto ad accogliere con un abbraccio chiunque tu abbia voglia di amare e chiunque abbia voglia di fare un pezzo di strada con te.


      Quindi puoi andare ovunque. Muovendoti.”



sabato 28 marzo 2015

Amico mio.

“Ma il Parkinson ti uccide o è come l’influenza che stai un po’ male, ma poi guarisci?”

Sei seduto qua davanti a me e mi fai questa domanda con il tuo italiano misto a spagnolo. Sono seduta di fronte a te e non posso scappare. Codardamente lo farei volentieri. 

Scusami, ma tu mi stai chiedendo se morirai.

Sei giovane, molto giovane, soprattutto per l’età che vedo a lavoro da me. Non hai ancora 50 anni e sei già nonno, due volte. Io non so neanche se alla tua età sarò madre. Dei tuoi nipoti uno l’hai visto una volta, l’altro solo in foto.

Sei in Italia da 14 anni, all’inizio c’era anche tua sorella, ma poi lei è tornata in Sud America.

E perché tu non sei tornato? Non hai più parenti qui, là hai la tua famiglia; perché rimani qua, amico mio? Qua la gente come te la trattiamo male noi..

“Dove vivevo io avevo un’officina bella grande, un po’ di gente che lavorava per me. Avevo tanti soldi e una bella casa. Pure un appartamento che affittavo. Volevo migliorare il mio lavoro. Volevo imparare a farlo meglio. Anche voi andate a studiare all’estero per imparare cose diverse, cose nuove. Anche voi fate qualche anno in un altro paese per crescere professionalmente. Era quello che volevo fare anche io. Stare in Italia per un anno o due e tornare a casa avendo imparato altre cose che avrebbero potuto migliorare la mia officina.”

E poi cosa è successo, amico mio?

“Poi quando sono arrivato qua non ho trovato lavoro così facilmente. La gente non si fida di noi. Ho cercato tanto, tantissimo, ma trovavo solo lavoretti di poche settimane, che non mi bastavano né per guadagnarmi la fiducia degli altri, né per pagarmi l’affitto. In ogni caso guadagnarsi la fiducia è la cosa più difficile. Se hai guadagnato la fiducia di qualcuno non deluderla mai, Elèna”

Non ti preoccupare per me, amico mio, la mia vita è un lusso. Raccontami di te. Perché dopo questo inizio difficile non te ne sei tornato a casa?

Mi guarda come se fossi io ad avergli posto una domanda assurda. Mi chiede con gli occhi come io faccia a non capire.

No, amico mio, non capisco. Se io parto e vado dall’altra parte del mondo e sto male, non mi trovo, faccio fatica, non mi trattano bene, mi sento sola, i miei genitori mi direbbero senz’altro di tornare da loro, di lasciar perdere. I miei amici mi verrebbero a prendere. Io per prima vorrei tornarmene a casa mia.

“Mi vergognavo.

Avevo fallito. Ero partito con l’idea di tornare migliorato e invece tornavo sconfitto, da perdente, da chi non ce l’aveva fatta. Non potevo tornare.

Mi vergognavo Elèna.”

No, non riesco a capirlo. O meglio, capisco che è la tua cultura. La mia non mi fa fidare di te, la tua non ti fa tornare dalla tua famiglia perché hai fallito e ti vergogni. Forse entrambe sono giuste ed entrambe sbagliano, non lo so, non mi interessa. Capisco tuttavia che, quantomeno, la tua cultura è più nobile della mia.

Abbiamo lavorato bene insieme. Ci siamo fatti un sacco di risate e abbiamo discusso lo stesso numero di volte. Ti ho insegnato a giocare a dama, eri una schiappa e alla fine vincevi solo tu. Hai costruito una scacchiera con una precisione e determinazione che non vedevo da tempo. E alla fine l’hai lasciata a me. 
Allora l’ultimo giorno io te ne ho regalata una.

E quando hai visto il pacchetto la sorpresa è stata così genuina che le parole quasi sono mancate. Degli occhi commossi mi hanno guardata e la gratitudine che vi ho vista dentro mi ha fatto tremare la gambe.

Sì, amico mio, morirai.


Ma io ti prometto che, insieme a te, farò il mio lavoro meglio che posso per rendere la vita impossibile alla tua malattia di merda.


lunedì 12 gennaio 2015

Buonanotte.

Quando non riesco a dormire mi faccio piccola piccola e mi metto dentro. Dentro di me. Sposto quel peso che non riesco a mandare mai via, lo faccio da parte e creo uno spazio nel petto, vicino al cuore. Mi ci accoccolo dentro e rimango lì un attimino. Dopodichè, quando c’è finalmente un po’ di calduccio, chiamo mia nonna e faccio entrare anche lei perché mi prenda in braccio e mi canti la sua ninna nanna. Ovviamente lei non arriva mai da sola, lui non la farebbe andare da nessuna parte senza accompagnarla in macchina. E quindi arrivano entrambi e ne sono contenta. E’ l’unica coppia che riesco a tollerare.

La ninna nanna che mi cantano oggi è un po’ strana, è un po’ da grandi, ma se hanno deciso così va semplicemente molto bene.

Ciao bionda! Guarda che va tutto bene eh, va tutto molto bene. A questo proposito volevamo dirtelo che iniziamo a capirlo cos’è questa cosa che hai studiato, ed è bella. E’ un bel lavoro, ti viene bene. Alle volte abbiamo l’impressione che ti stia prendendo cura di noi in qualche modo. Che tu abbia avuto una bella idea per starci vicina ogni giorno. Ci piace. E ci piace che tu ci stia vicina ogni giorno. Ma certo che è normale fare fatica alle volte, sarebbe strano il contrario; non farti spaventare da quella fatica, non ci pensare, ora stai qui tra le mie braccia e pensa solo a farti una bella dormita, e vedrai che domani un po’ della fatica non ci sarà più. Me la prendo io e la porto lontanissima, dove non ti disturberà più.

Va tutto bene eh, va tutto molto bene. A questo proposito volevamo dirtelo che quello là è proprio un bamba. Sì, va bene, era molto carino, ma neanche così tanto, un po’ basso. Il nonno era alto. E poi non era così buono come ti sembrava eh. Certo, lo so che è difficile da crederci, ma se potessi vedere quello che sto vedendo io ora… Arriverà, arriverà. Qualcuno a cui non importerà di nulla se non di te. Qualcuno che non vedrà l’ora di insegnarti tutto quello che sa fare. E soprattutto che avrà solo voglia di imparare tutto quello che tu sai fare. Ma ancora più importante gli interesserà soltanto imparare a vivere insieme a te. Tu non ci pensare ora, lasciale a me queste preoccupazioni e le porterò lontanissime, dove non ti disturberanno più.

Va tutto bene eh, va tutto molto bene. A questo proposito volevamo dirtelo che forse è vero che nessuno può cambiare. Però se lo fai tu, forse non ti importerà più che lo facciano gli altri, non ne avrai più bisogno, perché imparerai che in effetti cambiare non si può, ma si può migliorare. Ma certo che ti manca il coraggio, è per questo che siamo qui noi. Lasciala a noi questa paura, e la portiamo lontanissima. Dove non ti disturberà più.

Va tutto bene eh, va tutto molto bene. A questo proposito non riesco a non dirtelo: ma quanti colori hai messo in casa tua? Bianca e azzurra non ti piaceva? A questo proposito volevamo dirtelo: tutti quei colori che hai messo, nonostante il parere di tutti, mostrano la luce che hai dentro. Il sole che neanche volendo riesci a nascondere. Non lo vedi? Guarda quella parete e dimmi se non ti viene da farti una risata… Ma se vuoi lasciala a me e la porto lontanissima, anche questo lo faccio volentieri.

Va tutto bene eh, va tutto molto bene. A questo proposito volevamo dirtelo che questa rabbia che ti porti dentro, serve a ben poco. Forse non serve a niente. Più che altro non lascia spazio a troppe altre cose. Non riesci a lasciarcela questa, vero? Va bene, va tutto bene, questa ce la prendiamo noi. E la portiamo lontanissima. Dove non ti disturberà più.

Va tutto bene eh, va tutto molto bene. Questa faccenda del crescere non ti piace tanto, ti spaventa. Solo che dimentichi sempre che stai crescendo molto bene. E magari non ti piacerà farlo, eppure ce la metti sempre tutta per farlo nel migliore dei modi, per investire in te, in te soltanto, per rimproverarti, per tornare indietro e rifare tutto da capo. Magari non ti piace, ma l’impegno che ci metti nel farlo bene, a cadere con tutto il tuo stile, fa pensare il contrario. Ma se davvero non ti piace, lasciaci questo impegno e lo portiamo lontano. Ma domani te lo riportiamo.

Va tutto bene eh, va tutto molto bene. E ora che finalmente ti sei addormentata lasciaci un pochino qui lo stesso a guardarti, perché ci rende fieri. E perché è un compito dei nonni. Guardare i nostri nipoti come non riescono a guardarsi loro. E tornare ogni notte a raccontarglielo.

Va tutto bene eh, va tutto molto bene. Perché domani saremo ancora qui a ricordatelo. D’accordo, domani solo una ninna nanna. Qualcosa di più leggero.

Buonanotte bionda.


Lascia, spengo io.