lunedì 9 luglio 2012

Dario.





La domenica si va a messa tutti insieme. Los ninos especiales hanno il proprio posto, ma sempre arrivano un po’ prima, per evitare che qualcuno glielo rubi. Sarebbe impensabile per loro passare tutta la messa in piedi. Anche questa domenica arriviamo qualche minuto prima e ci sediamo tranquilli, sulla sinistra, a metà chiesa, vicino alla parete, al nostro posto.

Allo scambio della pace mi volto per stringere le mani dei ragazzi. A un certo punto ne stringo una che non è famigliare. È quella di una donna, ed è seduta di fianco a Dario. Penso a chi possa essere e fantastico immaginando che sia sua mamma, che per questa domenica è venuta a trovarlo. La Nico ce l’aveva detto che lei era una brava mamma che, a volte, veniva a trovarlo Dario. A volte è tantissimo. Dario è più che fortunato perché sua mamma in più di un mese è venuto a trovarlo una volta.

Scopro che la mia fantasticheria era vera: quella signora pacioccona, dalla faccia simpatica è proprio la mamma di Dario. Andiamo tutti insieme al parco giochi e stiamo lì, mentre Dario e sua mamma sono seduti sulla panchina insieme a Nicoletta. La mamma le fa le domande, le chiede come sta suo figlio. E intanto lo accarezza. Gli sorride. È per lui una mamma. E Dario appoggia, sorridendo serenamente, la sua testa su di lei e si fa cullare. In questo momento anche lui è finalmente figlio.

Ci avviamo verso la salita tutti più leggeri, tutti più rinfrescati da questa visita.

Fino a quando Nicoletta inizia a giocare con Dario. Ma non è questo il momento. Stiamo camminando perché è ora di pranzo, dobbiamo muoverci, perché ora gli copre gli occhi e gli chiede: “Donde esta Dario?”. Poi vedo la signora paffuta che bacia Dario. Si volta, mi passa di fianco e mi mormora con voce tremante: “Ciao senorita”, io riesco solo a bofonchiare un ciao, perché per cercare di capire cosa stesse succedendo ho incrociato i suoi occhi e li ho visti tristemente lucidi. Guardo Dario nuovamente e cerca di divincolarsi, ha gli occhi aggrottati, fa così quando è arrabbiato, quando gli stanno facendo fare qualche cosa che non vuole fare, che non gli piace, è il suo modo per dire che non è d’accordo. Ora però non sta dicendo solo questo. I suoi occhi altrettanto lucidi stanno urlando:

Perché mamma? Perché se sono tuo figlio non posso venire a casa con te? Non è così? Non è forse che le mamme stanno insieme ai loro figli? Che vivono con loro. Che gli danno da mangiare e la sera sono loro che li mettono a letto? Mamma, non funziona così? È perché non ti piaccio? È perché sono così? Scusami mamma se sono così, veramente scusami, io cerco di non esserlo, ma non ci riesco, non ci riesco. Scusami mamma.

E poi si lascia tirare verso quella che, sebbene non voglia, è casa sua. E mentre si lascia tirare per mano si guarda indietro una, due, tre, dieci volte, con la costante speranza che sua madre lo avrebbe perdonato, avrebbe capito che non era colpa sua, lo avrebbe amato e lo avrebbe portato a casa con sé, che non l’avrebbe lasciato andare via senza di lei; come poteva non farlo? Era suo figlio. Erano stati bene al parco.

Ah, Dario è così perché è nato con un ritardo mentale, lieve. Questo ritardo mentale gli ha fatto bere una bottiglia intera di veleno per topi. È stato un attimo. Prima poteva vivere con sua mamma.

Dopo no.



4 commenti:

  1. sempre più brava!!!!!ancora ancora ancora...non voglio smettere di leggere!!!

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    1. Ti assicuro che farò il possibile per accontentarti..! ;)

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    1. Lo è stato per me. Immagino per una mamma lo sia anche di più..

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