martedì 27 febbraio 2018

Non è colpa mia.


Abbiate pazienza, per favore.

Colpe io non ne ho. Anzi. Vi assicuro che non appena sento le avvisaglie corro al riparo, attuo immediatamente il piano di difesa; avviso tutti: vicini, lontani e pure i passanti, perché ormai lo so il danno che può fare. Lui, non io.

Lui. Io no. Non c’entro io. E’ questo che sto cercando di dire: io faccio tutto ciò che posso per limitare la tragedia. Lui no.

Lui si intristisce un pochino, ma neanche tanto all’inizio, infame. Poi si commuove mentre parla del più e del meno. Poi scoppia a piangere quando il più e il meno manco ci sono, quando anzi non c’è proprio niente. Poi si dispera. Poi basta, è inconsolabile.

E il tutto nel giro di un quarto d’ora.

Ve l’assicuro, io c’ero. Io ci sono sempre, ma non posso far altro che fare quel che faccio. Davvero, credetemi. Non mi credete? Non mi state credendo?? Ah ecco… vi conviene… Credetemi… Ancora non…? Ah no, ok, scusatemi… Il fatto è che in questo periodo sono suscettibile. Cioè, veramente no, non è proprio così, io non sono suscettibile da un pezzo ormai, sono cresciuta… E’ lui, è lui che è suscettibile.

All’inizio parla, sì, magari un po’ meno del solito, ma comunque ci prova; so bene che ci sono argomenti dal quale lo devo tenere lontano e lo faccio, assolutamente, non sono mica matta io. Riesco a farlo imbarcare in conversazioni che so essere sotto controllo, eppure sempre accade che a un certo punto non dice più nulla. Zitto. Ammutolito. Io neanche ho fatto in tempo ad accorgermi che cosa sia successo. Noto però che la persona che abbiamo davanti ha avuto la pessima idea di dire qualcosa che io non penso, una cosa che mi sento di non condividere. Ma perché lo fa? E’ rimbambita forse… Sì, è l’unica spiegazione… Altrimenti non gli sarebbe mai venuto in mente di contraddirmi in questi giorni. Ma ormai è fatta. E quindi il mutismo di lui prima diventa normale disappunto; dopo poco solamente disappunto e infine è vistoso disappunto. Magari fosse rimasto “solo” vistoso: in questo momento urla  qualcosa e ci accompagna anche dei gesticolamenti folli.

Lui è folle. Non io eh. Lui. Vi conviene credermi. Per favore, credetemi, per favore. Non aggiungete questo pensiero a quelli che lui già ha in testa. Lui non riesce a gestirli.

Un piccolo pensiero si fa affiancare velocemente da altri mille pensieri che iniziano a rotolare, rotolare, andando a scontrarsi con un unico grande pensiero che rovinosamente si muove, urtando l’equilibrio, costruito con immensa fatica e consapevolezza da me, frutto di sforzi e sacrifici fatti durante gli anni. Crollato. Tutto l’equilibrio crollato interamente sopra di me. Che mi manca l’aria. Per respirare un pochino prendo decisioni sbagliate; la vista mi si è appannata, devo tornare a vedere al più presto, sono spaventata; lui sta davanti a me e mi toglie tutta la luce, posso procedere solo a tentoni, alla cieca.

E certo che allora sbaglierò.

Ma non evitatemi per questo, statemi vicino.

Non troppo eh. Assolutamente. Sì, ma neanche troppo lontano. Alla giusta distanza. Che non esiste, lo so bene eh, non è che non lo so. A qualsiasi distanza siate mi arrabbierò, sappiatelo anche voi. Ma non sarò io eh. Sarà lui.

Questo deve essere chiaro a tutti.

Che poi una soluzione c’è.

Se non sta attento a tirare troppo la corda, la soluzione la troverà sempre.

Circondarci di quelle due o tre persone, amiche non persone, e neanche amiche qualsiasi in realtà; che con pazienza infinita continuino ad amarmi qualsiasi cosa io dica; mi trattino con tenerezza, qualsiasi cosa lui commetta.

Come soltanto loro hanno imparato a fare.

E perché no? Se possibile uscire con un meraviglioso super eroe che con super coraggio non si lasci spaventare e con super tranquillità gli lanci addosso una ragnatela e lo butti lontano, rimanendo da solo con me.

E io prometto che quando lui non se ne sarà andato mi farò perdonare di tutto.

Non è colpa mia. E’ sua, è il premestruo. Non mi credete? Non mi… ? Vado a prendere Mag va, che è meglio per tutti.


Per tutti voi. 


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