Io non ho tante risposte. E soprattutto
oggi ne ho una e domani la cambio. E dopodomani torno a quella di oggi. Rivisitandola
ovviamente.
Quella mattina, tuttavia, ho
avuto un’illuminazione. Ho aspettato a raccontarla. Soprattutto a me. Volevo
vedere per quanto tempo sarebbe rimasta. Oggi è ancora qui, nella mia testa,
insieme alle due convinzioni che porto con me. E allora forse è arrivato il
momento di raccontarmela.
Sono qui, seduta su questa sedia.
Tra le mie mani tengo quelle della signora Natalina, gliele muovo con decisa
dolcezza per tentare di regalare un po’ di sollievo ai suoi dolori. E intanto,
vincendo a poco a poco la sua timidezza, Natalina mi racconta pezzettini della
sua storia. A volte si confonde, altre volte mi ripete frasi già dette; in ogni
caso mi parla della sua famiglia. Erano undici figli in tutto; scopro che lei
era una delle più grandi; sua madre doveva lavorare, allora toccava a lei badare
ai fratelli minori, precedendo il tempo nel disegnarsi madre. Eppure quando
Natalina mi parla delle sue mani mi dice sempre: “sono mani che hanno lavorato
tanto queste”. Io pongo domande stupide alle volte, sono giovane, vivo nel
2013, mi sono fatta un’idea del tempo della guerra certo, ma un’idea è davvero
poca cosa per il tempo della guerra. Le chiedo così come facesse a badare ai
suoi fratelli e a lavorare allo stesso tempo. Mi racconta dei ritmi serrati
delle sue giornate. La sveglia presto, il preparare la colazione, accompagnare
i fratelli a scuola, andare in fabbrica e inscatolare farmaci per 8 ore,
tornare a casa, preparare da mangiare per la sua famiglia. Dopotutto Natalina a
quei tempi aveva già 12 anni. Era anche ora che prendesse in mano la sua vita.
Non so perché questa storia mi
tocca più delle altre, chi lavora con gli anziani ascolta storie simili almeno
una volta al giorno e questa non è neanche particolarmente toccante.
Insieme a queste storie ne
ascolta anche altre: riabilitare persone di 90 anni? Che senso c’è in questo?
Sai quanto costa riabilitare una persona di 90 anni? Capita anche che sia io a
porre queste domande.
Tuttavia quando guardo la faccia
di Natalina, osservo il suo volto saggiamente stanco; leggo tra le rughe del
suo viso l’umiltà delle parole che dice; la semplicità della vita che mi
racconta. Smuove in me un senso di affetto. Guardando Natalina io vedo una
donna di 90 anni che, detto brutalmente, si è fatta in quattro durante la sua
vita; che ce l’ha messa tutta per regalare a me un mondo pulito. Un mondo fatto
di sacrifici e sforzi, compiuti per amore. Guardando Natalina vedo una donna
che ha tutto il diritto di sedersi di fronte a me affinchè io con tutta la
decisa dolcezza di cui sono capace possa muovere quelle mani che hanno lavorato
tanto.
Sì, anche se questo costa. Sì, anche
se lei ha 90 anni.
La mia convinzione oggi è che io
non smetterò mai di prendermi cura di voi. Che ce l’avete messa tutta,
lavorando e prendendovi cura degli altri. Convincendomi che del buono c’è in
questo mondo. Voi l’avete creato. E io, prendendomene cura, cerco di
proteggerlo ringraziandolo.