“Ancora tu?”
“Te l’avevo detto che non avrei
mai smesso di prendermi cura di te.”
“Va bene. Cosa vuoi adesso? Cosa
devo fare?”
“Mi piacerebbe più entusiasmo
quando mi vedi, tanto per cominciare.”
“Sei saggio. I saggi sono
scomodi.”
“Lecito. Peccato però.
Ad ogni modo oggi ti chiedo di metterti in piedi.”
…
“Sei stato più veloce questa
volta, non ti sei fatto pregare.”
“Sono cresciuto.”
“Sono fiero.”
“Ora?”
“Ora sbilanciati in avanti. Ancora
… ancora un po’ …”
“Ma così cado …”
“Tu sbilanciati, poi vediamo.”
…
“Hai visto? Non sei caduto …”
“Bhe, ma perché ho messo un piede
in avanti per tenermi in piedi.”
“Proprio così. Ti sei mosso.
Perché sei fatto per muoverti. Per andare avanti e per andare indietro. Dove
vuoi e quando vuoi. Sei fatto per sbilanciarti e per riprendere l’equilibrio;
per osare e azzardare e poi ricomporti; sbilanciarti di nuovo e, di nuovo,
stabilire il tuo nuovo centro. In continuazione, in questo movimento
oscillatorio dove ti perdi e subito ti ritrovi.
Non sei fatto per appoggiarti a qualcun altro
e stare fermo. Come non sei fatto per stare fermo e tenere il peso di qualcun
altro. Se il buon Dio avesse voluto che stessimo fermi non ci avrebbe montato
delle articolazioni. Se avesse voluto che ci appoggiassimo come dei pesi agli
altri, non ci avrebbe donato l’equilibrio che ci permette di stare in piedi con
le nostre gambe.”
“Quindi devo farcela da solo e
non devo aiutare gli altri?”
“Oppure puoi allontanarti dagli
altri quando questi ti danno fastidio. O ancora puoi avvicinarti agli altri per
fare due chiacchiere e chiedere loro consigli quando ne avrai bisogno. E
soprattutto puoi camminare verso gli altri, con le braccia larghe, pronto ad
accogliere con un abbraccio chiunque tu abbia voglia di amare e chiunque abbia
voglia di fare un pezzo di strada con te.
Quindi puoi andare ovunque.
Muovendoti.”