Ogni tanto, in questi giorni, ci
penso e mi torna il sorriso nel cuore. Anche per questo voglio raccontare
questa storia. E anche perché è una storia semplice.
Forse non si dovrebbero avere
pazienti preferiti. Magari dovrebbero essere tutti uguali per chi fa il mio mestiere.
In realtà io non sono di questo parere. Il giorno che non mi affezionerò più a
qualche paziente in particolare probabilmente sarà giunto il momento di
cambiare lavoro.
Quel momento ancora non è
arrivato, visto che lui era uno dei miei pazienti preferiti.
Ci siamo trovati, facilmente. A lavorare
insieme, in maniera empatica e costruttiva. Io facevo bene a lui, ma lui ne
faceva a me. Regalandomi la possibilità di innamorarmi ancora una volta della
mia professione.
Che è così bella. Ma è anche così
faticosa. E capita, alle volte, che la fatica nasconda la bellezza. Fino a che
non arrivano quei pazienti lì, quei pazienti che sembrano mandati apposta per
ricordartela. Quella bellezza.
Il nostro percorso insieme è
stato così riuscito che il giorno delle sue dimissioni mi regalò un orologio. Lui
era un orologiaio un tempo. E questo era uno degli ultimi orologi che ancora
aveva in casa.
“Voglio regalartelo. Perché mi
sono trovato bene con te. Perché sei una brava persona, sei una ragazza gentile
e non ce ne sono più tante così.”.
Lo indossai per qualche giorno perché
a quel signore mi ero proprio affezionata e i regali simbolici mi piacciono
molto più dei regali meravigliosi, quindi per un po’ lo portai con me. Fin
quando non andò più. “Chissà da quanto l’aveva in casa” pensai, e così lo
appoggiai sulla mensola del mio salotto.
Un mesetto dopo incontrai in
ospedale una sua vicina di casa che cercava proprio me. Voleva darmi quella
notizia che mi fa capire sempre perché alcuni decidono di non avere pazienti
preferiti.
Lui si era spento. Qualche settimana
prima. Come voleva. E insieme a lui si spense qualcosa dentro di me quel
giorno. Ma le parole di questa storia sono scritte già dentro al mio cuore.
La storia che voglio raccontare è
un’altra.
Arrivata a casa dopo il lavoro decido
di portare l’orologio da un gioielliere per fargli cambiare la pila. Volevo
indossarlo ancora. Era un mio modo per rendergli omaggio.
“Me lo lasci pure, torni tra un
paio d’ore, le faccio il lavoro e lo ritira.”.
Tornai dopo un paio d’ore. Due ore
alquanto malinconiche tra l’altro.
Appena entrata nel negozio la
signora che aveva promesso di cambiarmi la pila si alzò, con una faccia quasi imbarazzata, e mi disse:
“Guardi signorina, non so bene cosa
dirle… è un po’ un mistero questo suo orologio.. perché la pila funziona, non è
scarica.. l’ho provata in un altro orologio e va. Quindi non è quella la causa.
Il suo orologio …. Il suo orologio si è semplicemente fermato…”
E così, mentre i miei occhi si
appannavano, il mio volto si dipingeva in un sorriso.